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IL QUINTO ELEMENTO
(LE CINQUIEME ELEMENT)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 8 maggio 1997
 
di Luc Besson, con Bruce Willis, Gary Oldman, Ian Holm, Milla Jovovich (Francia - Stati Uniti, 1997)
 
Nel 23mo secolo ogni speranza di sopravvivenza è legata alla conservazione del Quinto Elemento. Ci pensano tutti, dai cattivi che abitano come sempre su lontani pianeti; ai buoni, che stanno dalle parti di una specie di Presidente ormai non più degli USA. E, soprattutto, da quelle di Bruce Willis che (oltre che garantire al film gli introiti nel mercato USA) conduce forsennatamente un taxi-robot nei cieli di New York, riportando utilmente coi piedi per terra questa mega opera fantascientifica.

100 milioni di dollari sono una bella cifra anche per Hollywood: ma sono un record, se pensiamo che gli americani li hanno affidati ad un francese per girare a Londra... D'altra parte chi, fra quegli idealisti piuttosto consunti del vecchio continente, poteva ambire a montare uno spettacolo del genere, se non l'autore dei pluridecorati (dal pubblico) LE GRAND BLEU, NIKITA o LEON?

Ed eccolo allora questo giocattolone contro il quale è assurdo spendere moralismi. Perché compie onestamente il proprio dovere, che è quello di ingigantire prodigiosamente un videogame fuori dallo schermino Nintendo dei nostri figli. Ed attirare settantamila spettatori in un solo giorno a Parigi, nelle 58 sale destinate alla sua proiezione: record di tutti i tempi, fino al prossima volta. Non proprio un film, tanto la vicenda è puerile (ma succede anche ad oltre opere, e queste con più pretese intellettuali...), quanto una flipperata computerizzata, strafarcita di effetti speciali. A metà strada tra quanto già fatto da Besson (la Nikita aliena dall'ADN super, russa e quindi forzatamente sexy oltre che strizzata nelle bende di J.P. Gaultier) e la space-opera (GUERRE STELLARI: anche perché l'estetica è dettata dai disegni di Moebius e Mézières), inondata di musica elettronica non proprio discreta ma che piacerà alle orecchie allenate ai decibel.

Qualche intuizione: la cantante d'opera giunta da Venere, che si muta in pop singer prima di sgonfiarsi come una bambola di gomma verdastra; la Manhattan ormai intasata anche nei cieli, nella quale il virtuosismo cinetico organizza il tradizionale inseguimento automobilistico. E non poca confusione: nella sceneggiatura, tutta costretta a venire a patti con il ciarpame dei miti di Avventura.

Ma, onestamente, chi ci farà caso?


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